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ToggleMa è davvero sempre colpa dell’auto? Quale è l’imminente “scontro” che sta per avere luogo nel settore automotive e come è messa l’Italia?
Gori Fa 50!
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Dopo l’articolo di settimana scorsa, dedicato al Buono Mobilità 2020 ed alla situazione del mercato delle biciclette elettriche, oggi vogliamo tornare a fare una riflessione di attualità su quanto sta avvenendo nel panorama del settore automotive, con particolare attenzione all’imminente scontro che sembra prospettarsi, ogni giorno più violento, tra veicoli tradizionali e veicoli elettrici. La causa scatenante del riaccendersi della diatriba è, ovviamente, il costante aumento delle polveri sottili nell’atmosfera.
Nell’articolo Ambiente Sicuro di oggi, quindi, partiremo vedendo se davvero è sempre colpa dell’auto, per poi estendere il nostro ragionamento su un panorama più grande, che copre l’intero settore e tiene conto anche di alcune recenti notizie e annunci che sembrano prospettare l’avvicinarsi di una “resa dei conti.” Prima di iniziare, però, ti ricordo che ogni venerdì escono i nostri articoli dedicati all’ambiente e alla mobilità sostenibile e che per restare aggiornato ti puoi iscrivere alla nostra newsletter. Bastano due veloci clic ed è completamente gratuita!
L’auto è il male del nuovo millennio
A vedere bene è davvero incredibile che, ogni volta che si scopre (come fosse una sorpresa) che le polveri sottili hanno superato la loro soglia limite, la colpa viene data subito, da tutti (giornali, politici, aziende, privati), alle auto… e l’unico provvedimento che viene preso è quello di impedire ai veicoli di viaggiare. Appare ancora più assurdo nel momento in cui realizziamo che, in pieno lockdown, quando le auto non potevano circolare per legge, il particolato cresceva comunque (lo puoi vedere dal grafico di esempio qui sopra). Nonostante ciò, tutti erano pronti a dare ancora una volta la colpa alle auto perché “il Covid è strettamente legato all’uso sfrenato delle automobili!” Una dichiarazione e un’accusa diretta, ripresa da tutte le testate giornalistiche più importanti del paese, ma una dichiarazione anche precoce visto che tale correlazione non era e non è stata ancora dimostrata.
Cattiva, quindi, l’auto che genera polveri sottili, ma non la nostra, non quella che usiamo per andare a lavoro o quella che consegna prodotti ai negozi. Ad essere cattive sono tutte le altre auto, come se queste esistessero come una specie di entità intangibile a cui addossare ogni colpa legata all’inquinamento. E ora questa situazione si ripete. Poco importa che tra lavoro a casa, divieti, negozi e ristoranti chiusi e cinema, eventi sportivi, musei e teatri in vacanza forzata il traffico sia ben al di sotto della media annuale. Aumenta il particolato nell’aria? La colpa è delle auto. Non delle caldaie di migliaia di edifici pubblici che non sono a regola, non dei bus vecchi ed inadeguati, non di uno dei parchi circolanti più vecchi d’Europa. D’altronde, si sa e ne avevamo già parlato, è più facile puntare il dito contro un capro espiatorio che mai come ora è semplice da accusare di tutto, piuttosto che prendersi le proprie responsabilità.
Una battaglia impari
Pensare che le auto tradizionali di nuova generazione non sono mai state così poco inquinanti. I nuovi carburanti “low carbon”, la cui fornitura dovrebbe essere pronta prima del 2035, hanno delle capacità enormi di abbattere drasticamente le emissioni di CO2. Riprendendo una dichiarazione di Claudio Spinaci, presidente di Unem (Unione energie per la mobilità), “nei prossimi anni le nostre raffinerie lavoreranno nuove materie prime, come i rifiuti, le biomasse e gli e-fuel ottenuti da processi di sintesi tra CO2 e idrogeno verde. E l’equivalente del risparmio ottenuto in emissioni di CO2 sarà paragonabile a quello generato da 50 milioni di veicoli elettrici su strada.“
Sia chiaro, nulla di male contro l’aumento delle auto ibride ed elettriche o gli incentivi atti alla rottamazione delle vecchie auto (probabilmente quelli più utili in ottica di rinnovo del parco auto circolante), ben venga il boom della mobilità elettrica, ma per chi lavora nel settore è ormai chiaro che l’elettrico può, al più, essere una soluzione di ripiego in attesa che altre tecnologie vengano perfezionate (tipo l’idrogeno). Questo perché è spesso estremamente costoso, non poi così vantaggioso come potrebbe sembrare se si parla di auto e ci metterebbe, almeno per il momento, nella stretta presa economica della Cina. Eppure l’elettrico è la soluzione di moda, quella di cui tutti si riempiono la bocca sul momento portando a dichiarazioni tanto altisonanti quanto capaci di lasciare perplessi gli utenti del settore (come per esempio quella del premier britannico Boris Johnson). Una grande battaglia tra un settore petrolifero proiettato su prodotti energetici “low carbon” e un comparto elettrico che gode dei favori delle istituzioni sembra tanto imminente quanto impari.
Europa alla riscossa, ma l’Italia?
Su questa linea d’altronde vanno poste anche le dichiarazioni di Maros Sefcovic, vice presidente della Commissione Europea, che si è detto “fiducioso sul fatto che entro il 2025 l’UE sarà in grado di produrre abbastanza batterie da poter soddisfare la richiesta dell’industria automobilistica europea. E questo succederà grazie agli sforzi compiuti dal 2017, anni di nascita della European Battery Alliance, che ha incessantemente lavorato per creare un comparto delle batterie che fosse competitivo a livello globale” (qui maggiori informazioni). Sia chiaro, questa è un’ottima notizia, anche perché tra le tre nazioni alla guida dell’alleanza c’é anche l’Italia (insieme alle onnipresenti Francia e Germania), ma si parla esclusivamente del mercato delle batterie.
Se ci spostiamo su un discorso più ampio di veicoli elettrici, il quadro dell’Italia è tutt’altro che esaltante. Attualmente l’unico hub elettrico significativo italiano è quello di FCA a Mirafiori (dove viene prodotta la 500 elettrica) a cui, al massimo, si può aggiungere la fabbrica di Melfi, sempre di FCA. Un po’ pochino se consideriamo quanto sta invece mettendo in campo la Germania e il fatto che, proprio in questi giorni, si parla di un’imminente fusione di FCA con la francese PSA. Nulla di male nell’unire le forze, ma non bisogna dimenticare che il governo francese è azionista di PSA e tale resterà anche nella nuova società post-fusione, Stellantis. Bisogna credere davvero che il management di Stellantis considererà Francia ed Italia alla pari? E che ne sarà delle tante fabbriche italiane che producono auto tradizionali? Dove sono le nuove opportunità e gli incentivi necessari a coprire i reparti che presto o tardi saranno costretti a chiudere? Domande che, al momento, non sembrano avere una risposta positiva.